Samurai

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Damon89
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    943
    Location
    Pesaro

    Status
    Offline
    La lettura di questo topic mi ha spinto a fare qualche ricerca online sull'argomento che mi ha sempre incuriosito di più: i suicidi rituali.

    Ho visto sopra che vengono menzionati i termini "harakiri" e "seppuku" come facenti riferimento a due pratiche diverse... in verità, per quanto sono riuscito ad appurare da diverse fonti più o meno autorevoli online (tra cui Wikipedia e alcuni siti e forum "specializzati"), le due parole sono pressoché sinonimi - scritte anche con gli stessi kanji (in ordine inverso) l'unica differenza sarebbe che "harakiri" (腹切り) è un termine "volgare" e che non viene pressoché mai usato nel giapponese moderno, mentre "seppuku" (切腹) è il termine formale e attualmente usato in Giappone. In un commento particolarmente chiarificatore, ho letto il paragone tra le due parole e i termini "homicide" e "murder" in inglese (che volendo potrebbe essere traslato in italiano "omicidio" e "assassinio" o il più brutto "ammazzamento") - parole dallo stesso significato ma con usi diversi, uno comune e uno formale. I due termini letteralmente significano "taglio dello stomaco".

    Il seppuku consisteva in un rituale ben definito; il samurai che doveva fare seppuku faceva un bagno lavandosi con cura, si vestiva con vesti bianche e gli veniva servito un ultimo pasto a sua scelta (un po' come la pratica occidentale di far scegliere al condannato cosa vuole mangiare per l'ultima volta). Fatto ciò, l'arma gli veniva posta davanti su un piatto; questa era generalmente un tanto o un wakizashi, con un panno avvolto intorno a parte della lama: infatti il samurai non doveva impugnare l'arma per il manico, ma per la lama - e per evitare che si tagliasse e gli sfuggisse di mano, veniva usato questo panno.

    Vestito da cerimonia, a volte seduto su panni speciali (appositi per l'occasione) e con l'arma davanti a lui, il samurai doveva scrivere un "poema di morte" (辞世の句), nello stile tanka (ossia cinque "unità", composte rispettivamente di 5, 7, 5, 7 e 7 more ciascuna).

    Dopo di ciò, il kaishakunin (una persona che faceva da "secondo" al samurai; generalmente era un suo amico, ma se egli era stato sconfitto in combattimento e giudicato particolarmente bravo od onorevole, poteva anche essere il suo avversario a prestarsi) si avvicinava, e il samurai compiva la parte più famosa del rituale: apriva il proprio kimono e, afferrando l'arma dal panno, se ne infilava la punta nell'addome, compiendo un taglio da sinistra verso destra. A volte a questo si aggiungeva un secondo taglio, verso l'alto.

    A questo punto il kaishakunin compiva il kaishaku (da cui deriva il nome, come potete immaginare): esso consisteva nell'atto della decapitazione per porre fine alla sofferenza del samurai. Generalmente essa veniva effettuata nello "stile dakikubi": ciò significa che la testa non veniva staccata completamente, ma veniva lasciata una striscia di pelle a tenerla attaccata - era infatti considerato disonorevole che essa rotolasse via. Ovviamente non era per nulla facile compiere una manovra del genere con precisione, quindi molto spesso il kaishakunin era abile con la spada - e il ruolo di kaishakunin non era ambito da nessuno: infatti compiere l'atto con successo non portava a nulla, mentre sbagliare il taglio era un disonore che rimaneva per il resto della vita.

    Il momento del kaishaku veniva accordato in precedenza. In realtà, pochi samurai nel commettere seppuku compivano il taglio all'addome: generalmente non appena il condannato allungava la mano verso l'arma, avveniva la decapitazione. A volte (se si riteneva troppo rischioso fornire una potenziale arma al samurai) veniva addirittura usato un oggetto simbolico (un ventaglio, ad esempio) il cui unico scopo era dare il segnale al kaishakunin. Un motivo di questo è che tagliare l'addome è un'operazione particolarmente difficile a causa delle tensioni muscolari nella zona; e anche quando l'operazione ha successo, può capitare che la perdita di sangue non sia sufficiente a causare la morte, o comunque richieda un lungo tempo. In una nota aggiuntiva, veniva ritenuto disonorevole cadere all'indietro, perché un vero samurai sarebbe sempre dovuto cadere in avanti; per questo motivo dopo essersi abbassati il kimono le maniche potevano venire infilate sotto le ginocchia.

    Come avete notato ho usato tanto il termine "samurai" quanto il termine "condannato". Infatti anche se la forma ritualistica che ho descritto è generalmente riferita al seppuku volontario, il più delle volte esso era una condanna a morte vera e propria inferta al samurai per vari reati (omicidio, furto, etc.); a questo venivano comunicati in precedenza i reati di cui era accusato, e poi la data del suicidio (generalmente non veniva data un'ora precisa, ma si richiedeva che esso venisse commesso in un dato giorno prima del calar del sole). Non tutti accettavano con serenità questa decisione, e non furono rari i casi in cui il condannato doveva venire legato o immobilizzato in altri modi mentre il kaishakunin effettuava la decapitazione; in questi casi si trattava di un'esecuzione vera e propria, ma venivano comunque rispettati gli aspetti formali del rituale di cui sopra (i vestiti bianchi, l'arma o ventaglio simbolico - il poema era per ovvi motivi più difficile da rispettare se il soggetto non cooperava).

    Il seppuku volontario ristabiliva l'onore del suicida completamente; invece quello forzato non aveva questa prerogativa. O meglio, la aveva, ma non in tutti i casi: infatti a volte poteva capitare (se erano stati commessi reati particolarmente efferati, o se lo shogun si era svegliato con la luna storta quel giorno) che dopo il suicidio l'onore non venisse ristabilito, ma venissero anzi confiscate proprietà e la famiglia privata del titolo nobiliare. Inoltre i ronin spesso non erano considerati degni del seppuku, e venivano esiliati e perseguitati invece che condannati a morte.

    Oltre al seppuku, vi sono altre forme di suicidio rituale:

    Kanshi (諫死, letteralmente "morte di dissuasione"): veniva compiuta da un samurai che era in disaccordo con una decisione del proprio daimyo. Egli si faceva un profondo taglio orizzontale sullo stomaco, e quindi bendava rapidamente la ferita. Quindi si presentava al daimyo facendo un discorso in cui annunciava la sua protesta riguardo la decisione presa da quest'ultimo, e una volta terminato rivelava la sua ferita mortale.

    Funshi (憤死, letteralmente "morte di indignazione"): da non confondere con il kanshi, il funshi è un suicidio effettuato per esprimere un malcontento o protesta di qualunque tipo (quindi non necessariamente legato alle decisioni del daimyo - né necessariamente commesso da un samurai, penso, ma non sono sicuro su quest'ultimo punto).

    Jūmonji giri (十文字切り, letteralmente "taglio a croce"): variante piuttosto terribile del seppuku. Al taglio orizzontale seguiva un taglio verticale (come già accennato sopra; ma se per il seppuku a volte il taglio verticale non veniva effettuato - e a volte neppure quello orizzontale - per il jūmonji giri essi erano fondamentali). In questo caso, non c'era nessun kaishakunin e nessun colpo di grazia: ci si aspettava che il samurai aspettasse quietamente la morte, sopportando il dolore senza lamentarsi e morendo con le mani a coprire la faccia.

    Rimane solo da dire che il seppuku come condanna a morte venne abolito nel 1873 (e non nel 1889 come scritto sopra =P), ma il seppuku come suicidio volontario non sparì del tutto - si registrarono infatti da allora fino a oggi (il più recente di cui ho letto è avvenuto nel 2001) casi di suicidi rituali per i più svariati motivi; uno dei più famosi fu il suicidio di Yukio Mishima nel 1970 per aver fallito a incitare un colpo di stato. In quell'occasione il suo kaishakunin, un venticinquenne chiamato Masakatsu Morita, tentò per tre volte la decapitazione senza successo (infatti non era abile nell'uso della spada - e come dicevo sopra non è una cosa facilissima il kaishaku) - e infine il colpo fu portato da Hiroyasu Koga, che fece da secondo per il seppuku dello stesso Morita subito dopo - non so se esso fosse programmato o se Morita decise di suicidarsi per il disonore di non essere riuscito a decapitare Mishima.

    Ecco qua... ci ho messo veramente tanto a scrivere questo papiro, e spero che sia di vostro gradimento (si fa per dire, dato che si parla di morte e suicidi XD)!
     
    .
18 replies since 16/5/2007, 21:14   977 views
  Share  
.