Filosofia Zen

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  1. hanon87
     
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    ZEN E PENSIERO ORIENTALE



    Non uscendo dalla porta si conosce il mondo. Non guardando dalla finestra si scorge la via del cielo.(Lao Tzu)

    Nel corso della storia si è constatato che la mente dell'uomo è capace di due tipi di conoscenza; la prima modalità è quella razionale, tenuta in grande considerazione dall'occidente; la seconda è quell'intuitiva che, in genere, è esattamente l'opposto, ed è confacente all'atteggiamento orientale. La conoscenza razionale appartiene al campo della scienza e dell'intelletto, la cui funzione è quella di analizzare, discriminare, dividere, confrontare, misurare e ordinare in categorie.

    La conoscenza razionale è un sistema di concetti astratti e di simboli; in questo modo si considera l'ambiente naturale come se fosse costituito da parti separate, e si costruisce una mappa intellettuale della realtà, nella quale le cose sono ridotte ai loro contorni.

    Il pensiero orientale, e più generalmente il pensiero mistico, forniscono alle teorie della scienza contemporanea un importante e coerente riferimento filosofico: una concezione del mondo, nella quale i due temi fondamentali sono l'unità e l'interdipendenza di tutti i fenomeni, e considera l'uomo come parte integrante di questo sistema. Ciò che interessa ai mistici orientali è la ricerca di una esperienza diretta della realtà, che trascenda non solo il pensiero intellettuale, ma anche la percezione sensoriale. La conoscenza che deriva da un'esperienza di questo tipo viene chiamata dai buddisti "conoscenza assoluta", perché non si basa su discriminazioni, astrazioni, e classificazioni dell'intelletto, le quali sono sempre relative e approssimate. Essa è come dicono i Buddisti, l'esperienza diretta dell'essenza assoluta, indifferenziata, indivisa, indeterminata.

    La conoscenza assoluta è, quindi, un'esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un'esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato meditativo, o mistico. E' la realtà della vita del Sé, che vive solo così com'è, la nuda esperienza della vita (quel soltanto essere vivo ora). Il Sé non è superficiale: è la pienezza della gioia.

    Essere consapevoli del Sé significa essere gioiosi.

    "Cosa fa un Buddha sotto l'albero del Bodhi? Non fa nulla. Si limita ad essere". Egli è colmo di un'insondabile gioia, perché ora non rimane nulla da raggiungere. Nel proprio essere si scopre che qualsiasi cosa degna di essere raggiunta esiste già. Il semplice accadere della vita, l'espirare e l'inspirare, il semplice pulsare della vita, è beatitudine. Non ha nulla a cui pensare, non pensa alla famiglia, né pensa al futuro, è semplicemente immerso nella beatitudine - il giusto modo di essere - non vi è passato, né futuro.

    Non sta andando da nessuna parte, il cuore batte, il respiro entra ed esce, il sangue circola semplicemente esiste, tutto è vivo e pulsante. Un'energia priva di scopo, che fluisce senza meta, che fluisce ovunque; ma che non va da nessuna parte. Fluisce verso il nulla. L'estasi non è una meta. E', qui e ora, proprio nel movimento; è felice di per sé, proprio nella pulsazione dell'essere vivo.

    Lo zen- che ebbe origine in seno al Buddhismo, ma fu fortemente influenzato dal Taoismo - si vanta di essere senza parole, senza spiegazioni, senza istruzioni, senza conoscenza. Esso si concentra quasi interamente sull'esperienza di illuminazione (satori), ed essa non consiste nel fare qualcosa, o nell'ottenere qualcosa; ma, semplicemente, nel riconoscere quello che è sempre esistito di fatto, e si interessa solo marginalmente di interpretare questa esperienza.

    A causa dell'educazione e del condizionamento ambientale, il funzionamento delle nostre menti è legato a un sistema particolare di logica, formato da concetti, e ogni cosa viene considerata attraverso un sistema di opposti: buono cattivo, bianco o nero, giusto o errato. A causa di questo modo di giudicare non possiamo raggiungere le unità attraverso la molteplicità. Lo scopo dello Zen è quello di andare al di là dei legami della dualità, rinunciare a tutti i concetti creati dall'intelletto e vedere le cose come realmente sono, per mezzo della introspezione intuitiva. Poiché il flusso della mente non può essere fermato mediante uno sforzo egocentrico di volontà, quello che si richiede, momento per momento, è la osservazione continua delle dualità, della tendenza continua del nostro io, delle tendenze che costituiscono i nostri pensieri, i nostri sentimenti, il nostro corpo.

    In tutto il misticismo orientale, l'intelletto è visto soltanto come un mezzo per aprire la strada all'esperienza mistica diretta, che i Buddhisti chiamano "risveglio". Lo zen insegna che il risveglio (satori) attraverso la meditazione è al termine della attesa-attenzione, che deve essere una vigilanza senza oggetto. Non c'è nulla da attendere, infatti; ciò che succede, succede. Non esistono leggi regole e scopi, né in natura né nei pensieri. Riacquistare la spontaneità della nostra natura originaria, la natura di Budda di tutte le cose, richiede un lungo percorso e costituisce una grande conquista spirituale. Attraverso la meditazione si può fare l'esperienza di sentire la nostra natura originaria.

    Il programma basico dello Zen è quello di calmare la mente e il corpo, in un primo tempo, mediante la pratica della meditazione, con lo scopo di arrivare ad una visione interiore. Zazen (meditazione seduta), seduti con le gambe incrociate, la schiena dritta, la respirazione calma, il corpo e lo spirito unificati, senza spirito avido. Girando il proprio sguardo verso l'interno, ciascuno depone naturalmente i limiti dell'egoismo e fa direttamente l'esperienza del risveglio alla sua vera natura. La base della filosofia Zen è il silenzio, è il Ku (il silenzio totale), che è la condizione originaria della natura umana. Praticare aldilà di ogni oggetto è lo zazen più elevato; soltanto sedersi senza scopo. Durante zazen non si pensa; anche se il subconscio si manifesta, si lascia passare, non si ferma il pensiero, non si trattiene. In questo modo la coscienza diventa illimitata, infinita.

    E' la coscienza cosmica (la cosmicità è la natura intrinseca della mente). Il metodo Zen, questo tipo di approccio alla realtà, è un metodo prescentifico, o metascentifico, o perfino antiscentifico. In questo modo, lo Zen si immerge nella fonte della creatività e beve ad essa tutta la vita che contiene. Tale fonte è l'inconscio dello Zen. L'inconscio è fuori dall'ambito della ricerca scientifica, l'inconscio si può solo sentire, e non nel senso comune del termine; pertanto, bisogna imparare a padroneggiare le vie dell'inconscio e la saggezza sconosciuta del Sé. Ciò che esiste nel centro interiore è aldilà di ogni spiegazione. Viceversa la scienza inizia là dove comincia la spiegazione, all'esterno; è una ricerca sulla circonferenza, nell'ambiente dell'uomo. Di solito la consapevolezza scientifica è oggettiva: conosci gli altri, conosci il mondo, conosci le stelle.

    Nel momento, però, in cui la consapevolezza si rivolge all'interno e inizia a conoscere se stessa; in altre parole, nel momento in cui la consapevolezza diventa oggetto della propria conoscenza l'illuminazione fiorisce. D'ora in poi la consapevolezza sarà il padrone e l'inconsapevolezza il servitore. La porta della verità non è, né il centro, né la circonferenza - che sono in realtà due facce di una sola e unica verità, ma uno stato in cui colui che vede e la cosa vista, l'osservatore e la cosa osservata, si uniscono. Solo l'uomo libero da opinioni e da idee preconcette può vedere l'unità e l'integrità della vita.

    Scoprire il proprio inconscio non è un atto intellettuale, ma un'esperienza affettiva che non può essere spiegata a parole.

    L'intelletto, in ultima analisi, è superficiale; è qualcosa che fluttua alla superficie della coscienza, e la superficie si deve spaccare perché possa raggiungere l'inconscio cosmico; lo spirito logico deve dissolversi progressivamente per consentire al pensiero translogico ed unificatore dello Zen di emergere. Una volta che tale livello sia raggiunto, la comune coscienza viene pervasa dal flusso dell'inconscio; è questo, appunto, il momento in cui lo spirito finito comprende di avere le proprie radici nell'infinito. La presa immediata e piena sul mondo è proprio la finalità dello Zen, è l'autentico risveglio (farsi consapevoli) che si trova alla radice insieme del pensiero creativo intellettuale, e dell'immediata apprensione intuitiva, equivale al superamento della contaminazione affettiva e della manipolazione cerebrale; equivale alla scomparsa della polarità conscio e inconscio. Significa non avere nulla ed essere.

    Il seguace Zen consegue, qui, il suo oggetto, perché è giunto a destinazione; egli è adesso pervenuto nel cuore delle dualità e include in sé tutto ciò che vi è di intellettuale, di affettivo, o creativo in modo indiscriminato, indifferenziato o meglio assoluto. Le sue attività non sono cambiate, ciò che è cambiato è la sua soggettività. La mia esperienza personale della consapevolezza nella vita di tutti i giorni, è quella di perderla facilmente, continuamente, in ogni momento. Mi capita a volte di perdermi nelle reazioni, o mi isolo da ciò che accade. Ogni giorno, infinite volte perdo la consapevolezza; spesso cado vittima della "tigre della mente". Purtroppo le pressioni, le tensioni e la frenesia della vita non sono certo condizioni ideali per la consapevolezza. Tuttavia non appena riconosco di averla smarrita posso ricominciare d'accapo.

    Si affaccia, così, un Sé semplice, basato sul respiro, capace di arrendersi al momento presente. Ecco, quanto voglio sottolineare come esperienza personale; nel momento in cui riconosco di aver smarrito la consapevolezza, l'ho già riconquistata, perché quel riconoscimento stesso è una funzione della consapevolezza. La consapevolezza infatti non è qualcosa di astratto o lontano: per ognuno di noi prende vita nel momento in cui iniziamo, e ogni volta che ricominciamo. Essere consapevoli, svegli, ricordarsi di Sé, osservare, non farsi travolgere dal chiacchiericcio della mente, questo è il potere della consapevolezza, essere attenti e presenti con equilibrio, serenità e comprensione, sia che l'esperienza sia piacevole, spiacevole, o neutra. Restare un semplice testimone indifferente.

    Quando siamo presenti, osserviamo con la visione meditativa, con un'attenzione profonda e penetrante, caratterizzata dall'assenza di superficialità, e sappiamo incontrare direttamente ciò che accade nel nostro mondo (la nuda realtà), con apertura, sensibilità, lucidità. Quando accendiamo la luce dell'attenzione saggia, possiamo vedere con chiarezza, comprendiamo che non dobbiamo fare neppure un passo in nessuna direzione, per ritrovare il nostro posto dove possiamo essere a nostro agio; è proprio qui, dove ci troviamo ora. Di solito, manchiamo d'intuizione e di una chiara visione, perché siamo prigionieri dei nostri condizionamenti. La realtà è già presente in noi; ma, per la nostra cecità, essa ci sfugge completamente. In un certo senso sperimentiamo qualcosa di continuo, ma siamo scarsamente in contatto con le nostre esperienze, solo a metà svegli di fronte alla realtà.

    In questo senso possiamo dire che non sperimentiamo veramente. Per la Gestalt la vera esperienza è terapeutica, o correttiva di per sé; è quel punto al di là delle tecniche, come realtà-consapevolezza-responsabilità. Un momento di veglia, un momento di contatto con la realtà è quello in cui i fantasmi dei nostri sogni a occhi aperti possono venire riconosciuti per quello che sono, è un momento di addestramento all'esperienza, attraverso il quale possiamo imparare, ad esempio, che non c'è nulla da temere, o che la soddisfazione di essere vivi supera la sofferenza o la perdita che avremmo voluto evitare col nostro dormiveglia. Colui che ha sviluppato la stimolazione dall'interno, può ricongiungersi, così, ai suoi sensi ed entrare in contatto con la propria esperienza, ridestandosi e tornando alla realtà nuda della vita che è "il Sé in Sé per Sé", il Sé che fa se stesso in Sé stesso, qualunque cosa capiti.

    Questa è la vera dimensione spirituale, quel punto in cui non si è più diretti dall'io, ma da una coscienza non dualista; non c'è più nessuno che pensa: "tu giungi senza alcun concetto di giungere e vedi senza alcun concetto di vedere". Finche' non avremo superato il dualismo, non conosceremo la libertà definitiva (l'ultima realtà). Realizzare questa profonda comprensione di sé stessi è la fonte della vera saggezza; l'autentica saggezza risiede nell'osservazione e nella conoscenza di se stessi. Il punto di vista della terapia gestaltica, su questo come su altri temi, è che la consapevolezza è abbastanza, tenendo bene a mente la distinzione tra essere aperti all'esperienza e fabbricare esperienze. Infatti le azioni che derivano dall'esperienza e la esprimono non sono tese a produrre un effetto.

    Le azioni che affermano la vita, piuttosto che negarla; che rivelano, piuttosto che nascondere, che esprimono piuttosto che reprimere, sono in un certo senso non azioni. L'azione, infatti, contrariamente alla manipolazione (di se stessi, o degli altri), viene sperimentata come fluente dall'interno, invece che compiuta per andare incontro a modelli estrinseci. Per finire, voglio dire che la consapevolezza è il nostro vero Sé: è ciò che siamo. Perciò, in un certo senso, non c'è bisogno di sviluppare la consapevolezza: basta rendersi conto di come la blocchiamo con pensieri, fantasie, opinioni e giudizi.

    Stare semplicemente nell'istante; fare una cosa alla volta e consegnarci totalmente a essa è il modo più efficiente di vivere; è essere semplicemente qui, vivere la nostra vita. "Niente di speciale". La vita è così com'è, il lavoro è così com'è, il mondo è così com'è, e forse, se sappiamo accettarlo così com'è, ci sveglieremo al suo significato.

    In ogni situazione, che gli altri ci osservino o no, dovremmo essere consapevoli di ciò che avviene in noi e stare in guardia contro la trascuratezza e la disattenzione. Così, non nuoceremo agli altri. La meta è sviluppare gradualmente la consapevolezza, e attivare quella compassione e gentilezza amorevole che già sono in noi. E questo è alla portata di tutti.




    IL GIARDINO ZEN





    "Né un fiore, né un'ombra
    Dov'è l'uomo?
    Nel trasporto di rocce,
    nella traccia del rastrello,
    nel lavoro della scrittura"
    Poesia Zen




    Il giardino fu, per lungo tempo, nella tradizione Zen del Giappone, un centro di espressione e di culto della bellezza essenziale, quella del pensiero intuitivo, spesso simbolizzata da pietre levigate poste fra cespugli quasi fiori silenziosi, dall’aspetto metallizzato, scivolante, sottile, pregno di significati e testimoni di lunghe contemplazioni . Il giardino Zen è una forma continuamente variabile, che si trasforma quotidianamente, che segue e riflette il costante mutamento dell’universo, creando uno spazio di pace tranquilla, di silenzio arcano e di grande armonia. Il giardino Zen crea un senso di tranquillità, immobilità e calma; la mente può espandersi e liberare l' immaginazione. Fra i vari stili il più semplice e tradizionale è quello definito Karesansui, molto legato al Feng Shui e all’arte del giardinaggio cinese tradizionale. Il giardino Zen (in stile Karesansui) è composto da 2 elementi :
    * grani di sabbia bianca rastrellata che rappresentano l'oceano
    * pietre e rocce che rappresentano le montagne e gli animali marini sacri

    Il giardino "Karesansui", detto anche giardino giapponese in stile "paesaggio secco" esiste da molti secoli. È nel sesto secolo d.C., con l' avvento del Buddhismo Zen che il " giardino" ha cominciato ad evolversi. Innanzitutto sono stati creati paesaggi con dimensioni maggiori per permetterne l'accesso all'interno, così da passeggiare e meditare senza rimanere all'esterno, sui bordi come nei primi Karesansui. I sacerdoti Zen hanno adottato poi il " Karesansui " assegnando alla sua costruzione uno scopo differente: aiutare alla comprensione più profonda dello Zen e dei suoi concetti. I principi base che oggi ci vengono tramandati risalgono al tardo 1200 e sono quelli che hanno creato i " kansho-niwa " o giardini della contemplazione dei più recenti sacerdoti Zen . Per costruire un autentico giardino Karensansui occorre tenere presente alcune regole. Aggiungere un elemento o modificate l'orientamento della sabbia in grani e' un'importante occasione per rilassarsi e meditare, pensando alla tranquillità e alla vastità dell'oceano. Il giardino Zen può essere creato ovunque, in piccoli spazi o in più ampie aree che aiutano a drenare il vostro giardino di casa. I due elementi principali sono rocce per formare isole montuose e sabbia speciale per creare le onde e le correnti del mare. La sabbia utilizzata non è quella delle spiagge bensì granito o marmo schiacciato e di tonalità uniformi: bianco, bianco sporco, beige, di circa 2 millimetri di diametro.

    Non vanno utilizzati grani multicolori. Il granito bianco e uniforme crea la giusta atmosfera e illumina con il proprio riflesso anche le aree vicine. Vanno scelte molto accuratamente le rocce da posizionare nel giardino Zen. Le isole sono il fulcro della meditazione e ciò che rappresentano riveste una particolare importanza per lo Zen . Le isole rappresentano l'immortalità, la longevità e la salute. Molti giapponesi hanno nei loro giardini singole rocce che rappresentano le immutabili montagne e anche gruppi di rocce a forma di testuggini e gru : due simboli importanti di longevità. Dopo aver posizionato le rocce secondo la propria sensibilità, occorre rastrellate la graniglia di sabbia in modo continuo senza mai fermare il "rastrello". Lo stesso deve essere sempre spinto in avanti e mai tirato indietro. Si dovranno creare percorsi visivi unifomi e senza interruzion,i che percorrono per la sua lunghezza il giardino e ruotano armoniosamente intorno alle isole . Spesso vengono aggiunti dei ponticelli che simboleggiano il passaggio attraverso il mare per raggiungere un punto di vista alternativo che altrimenti non sarebbe visibile. E' un modo diverso per medi

    tare, contemplare la vita e i suoi misteri, che si ottiene solo se si attraversa quel ponte. L’attraversamento è di buon auspicio all’inizio delle diverse stagioni, per operare profondi cambiamenti, secondo un’idea originaria della Cina classica . In alcuni casi vengono aggiunti ornamenti monocromatici come rocce contenenti acqua la cui funzione e' quella di creare nuovi punti di contemplazione e un maggior senso di profondità del paesaggio. Vediamo di seguito il significato di alcuni ornamenti del giardino ed altri consigli utili (derivanti dal Feng Shui cinese) .

    * Piccole fontanelle e stagni nel giardino portano grandissima fortuna economica se sistemati negli angoli a nord o a sud-est.
    * Se si hanno ruscelli o stagni d'acqua davanti a casa dovrebbero essere a sinistra guardando fuori dalla porta d'ingresso. Così è assicurata la stabilità di coppia. Se l'acqua e' invece a destra, il marito probabilmente guarderà con interesse le altre donne. Occorre però ricordare di non

    esagerare con bacini d’acqua : troppa acqua fa versare lacrime.
    * Qualsiasi vialetto conduca alla vostra porta d'ingresso dovrebbe fare alcune curve, rallentando così il Ki e ricavandone fortuna.
    * Non lasciate che l'ingresso della vostra casa si affacci su una strada dritta. Bloccate l'energia negativa che ne deriva con un gruppo d'alberi, una staccionata di legno, una siepe
    * Nel retro della casa dovrebbero esserci alberi e una collinetta. Si godrà così della protezione della tartaruga celeste.
    * Se il terreno intorno a casa è ondulato/mosso, ospita i draghi portafortuna . Se e' piatto e privo di movimento allora non c'è' alcun drago e la terra e' meno fortunata .
    * I pendii e le colline devono essere dolci , non ripide; solo così il Ki che affluisce è benigno e carico di prosperità. Mai costruite la casa sul cucuzzolo di una collina, scegliere invece la mezzacosta, in modo da non avere forti venti che portano i fattori climatici perversi.
    * Le piante sono di ottimo auspicio, il legno significa crescita e sviluppo specialmente se posto a est, sud-est e sud. Gli alberi non devono sopraffare però la casa ed esser quindi potati regolarmente.
    * Occorre non posizionare piante appuntite e cespugli spinosi vicino a casa, eliminate l'acqua stagnante , le foglie o le piante secche poichè sono tutti elementi portatori di energia Inn negativa.



    In conclusione il giardino Zen (come gli antichi giardini di Creta, come quelli pensili di Babilonia, come il “sito degli aranci”- detti, appunto, giardini-dei siciliani) ci aiuta a guardare; il giardino ci segna i viali, l’erbe mediche, le gramigne . Gli occhi dello Zen ci sono strumenti per comprendere le stagioni delle erbe, la maturazione dei frutti, il gesto consapevole della raccolta, la responsabile azione del dare, l’espansione della coscienza di compassione . Vogliamo concludere questo breve excursus con una storia Zen . Un monaco Zen viveva solitario sulla cima di una collina dove aveva trasformato l’esiguo spazio intorno alla sua capanna in un giardino di crisantemi. Ogni giorno all’alba e al calar del sole incrociava le gambe in zazen e dialogava con i fiori da mente a mente. La sua mente e quella dei crisantemi . Un giorno l’anziana donna del villaggio in basso che gli arrancava il cibo delle offerte gli chiese con curiosità e irritazione perché al posto di inutili fiori non coltivasse cavoli e carote. Il monaco non rispose. Guardava le api che ciondolavano da un fiore all’altro. Poi si chinò verso il più vicino dei crisantemi, lo raccolse e, con un ampio sorriso di felicità, l’ offrì alla vecchia contadina che si vide svelato il segreto dello Zen.




    Edited by ^ June ^ - 8/6/2008, 11:43
     
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  2. * Fairy *
     
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    la parte interessante era il pezzo in cui parla che l'uomo è abituato a vedere tutto in 2 moodi (tipo buono-cattivo bianco-nero) sisi vero vero...

    Adesso però so che quando stanno li seduti a meditare in verità si siedono tranquillamente, e se nella testa (come è normale) arrivano pensieri loro non cercano di fermarli (si dice che nn bisogna pensare a niente..adesso so che nn è vero ^^) ma semplicemente li lasciano andare... bellu

    CITAZIONE
    "Cosa fa un Buddha sotto l'albero del Bodhi? Non fa nulla. Si limita ad essere". Egli è colmo di un'insondabile gioia, perché ora non rimane nulla da raggiungere. Nel proprio essere si scopre che qualsiasi cosa degna di essere raggiunta esiste già. Il semplice accadere della vita, l'espirare e l'inspirare, il semplice pulsare della vita, è beatitudine. Non ha nulla a cui pensare, non pensa alla famiglia, né pensa al futuro, è semplicemente immerso nella beatitudine

    questo pezzo del sedersi e basta e godere la vita mi fa ricordare June X3
     
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    Mi piace questo topic, grazie per averlo postato hanon ^^
    Vorrei tanto vedere di persona un giardino zen...! Percorrerne i viali immersa in quel verde...ahhhh.....
    *improvvisa voglia di andare in giappone*
    Molto bella anche la storia dei crisantemi! *_*
     
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  4. _-*Yoko*-_
     
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    Anch'io vorrei vedere un girdino zen... per ora mi accontento di crearli con the sims :)
     
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  5. SIBLY_
     
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    CITAZIONE (_-*Yoko*-_ @ 11/7/2010, 20:05)
    Anch'io vorrei vedere un girdino zen... per ora mi accontento di crearli con the sims :)

    ahaha io li disegno invece! alla fine la matita o il pennello può lasciare dei segni molti simili al rastrello : )
    mi affascina molto la filosofia zen, spesso ci sono dei concetti che in superfice sembrano controsensi ma che sotto sotto sono verità universali
     
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  6. _-*Yoko*-_
     
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    Li disegni, davvero?????????? *non sa che dire*
     
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    Molto interessante :uhm:
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    mi affascina molto la filosofia zen, spesso ci sono dei concetti che in superfice sembrano controsensi ma che sotto sotto sono verità universali

    Grande verità la filosofia Zen :onegai:
     
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  8. ~Odino
     
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    A dire il vero anche a me ha sempre intrigato la filosofia zen, come anche tutte le altre correnti orientali così diverse dalla nostra visione del mondo per altro spesso influenzata dalla cultura cristiana che, radicata nel pensiero occidentale mette un paio di paraocchi non indifferenti.
    Sinceramente però riesco ad avvicinarmici poco, sia concettualmente che praticamente, vivo la vita con una visione molto più pragmatica e cinica, oltre a portar avanti un esistenza frenetica, niente a che vedere con quella visione (mi permetto di dire così) ascetica del buddismo.
    I giardini zen, anche senza essermi mai avvicinato alla meditazione mi piacerebbe poterne osservare e realizzare per poi fotografarli XD
     
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    Stare semplicemente nell'istante; fare una cosa alla volta e consegnarci totalmente a essa è il modo più efficiente di vivere; è essere semplicemente qui, vivere la nostra vita. "Niente di speciale". La vita è così com'è, il lavoro è così com'è, il mondo è così com'è, e forse, se sappiamo accettarlo così com'è, ci sveglieremo al suo significato.

    Sì, decisamente non è facile praticare il principio del "qui e ora", del godere del momento presente e raggiungere attraverso di esso una comprensione più profonda di sè e della realtà che ci circonda.
    Però, secondo me, può bastare provare a ritagliarsi momenti del giorno in cui poter mettere in pratica questi principi, per giovarne e sentirsi pacificati nello spirito.
    O almeno, questa è la mia opinione ^^

    Aggiungo altre info sul buddhismo zen:

    « Una speciale tradizione esterna alle scritture (教外別傳)
    Non dipendente dalle parole e dalle lettere (不立文字)
    Che punta direttamente alla cuore-mente dell'uomo (直指人心)
    Che vede dentro la propria natura e raggiunge la buddhità (見性成佛) »

    (Quattro sacri versi di Bodhidharma, 達磨四聖句)


    Con il termine Zen (禅) ci si riferisce a un insieme di scuole buddhiste giapponesi che derivano per dottrine e lignaggi dalle scuole cinesi del Buddhismo Chán a loro volta fondate, secondo la tradizione, dal leggendario monaco indiano Bodhidharma. Per questa ragione talvolta si definisce Zen anche la tradizione cinese Chán, ma anche le tradizioni Sòn coreana e Thiền vietnamita.

    Le scuole zen furono trasferite nell'arcipelago giapponese da monaci Tendai di ritorno dai loro viaggi in Cina. Oppure, successivamente, trasferite da monaci cinesi missionari in Giappone. L'introduzione del Buddhismo Zen, come scuola autonoma, in Giappone ha avuto un processo piuttosto sofferto.
    Tali difficoltà non si riscontrarono tanto nel trasferimento di dottrine, testi e lignaggi quanto piuttosto nel rendere autonomo lo Zen dalla scuola Tendai.

    Il primo lignaggio Zen: Saichō e la scuola Gozu
    Saichō (767-822), il fondatore del Buddhismo Tendai, introdusse nel IX secolo in Giappone anche gli insegnamenti del Buddhismo Chán Beizōng (北宗, Scuola settentrionale) ricevendo, sempre in Cina, anche il lignaggio della scuola buddhista Chán denominata Niútóuchán (anche 牛頭宗, Niútóu zōng), che scomparirà dalla Cina pochi decenni dopo ma che egli trasferirà in Giappone come scuola Gozu (牛頭宗, Gozu shū).

    Le dottrine Chán erano quindi regolarmente studiate e praticate sul Monte Hiei, sede della scuola Tendai, fin dal IX secolo.

    Eisai, Dainichi Nōnin, Enni Ben'en e la scuola Rinzai
    Nel XII secolo, il monaco tendai Eisai (1141-1215) studiò il Chán durante il suo secondo soggiorno in Cina, sotto la guida del maestro Xuan Huaichang (虛庵懷敞), appartenente al ramo Huánglóng (黃龍) della denominazione Línjì (臨濟). Tornato in Giappone, ebbe difficoltà ad insegnare tali dottrine al di fuori del contesto curricolare tradizionale previsto dal principale monastero Tendai, l'Enryaku-ji. Nonostante questo, Eisai non uscirà mai dalla scuola Tendai. Un primo tentativo di una scuola autonoma Zen fu compiuto da un altro monaco tendai, Dainichi Nōnin (大日能忍, morto nel 1196?) che inviati due discepoli in Cina, ottenne il lignaggio cinese dal maestro Zhuan Deguang (1121–1203) a sua volta erede del Dharma del maestro di denominazione Linji, Dahui Zonggao (大慧宗杲, 1089–1163) fondando la Daruma shū (達磨宗).
    Un tentativo finito piuttosto male se consideriamo che, nel 1194, un decreto imperiale proibirà le sue dottrine e distruggerà la sua scuola con i suoi monasteri. Dopo gli importanti tentativi di Eisai e di Dainichi Nōnin, miglior successo lo ottenne Enni Ben'en (圓爾辯圓 1201-1280) altro importante monaco tendai che studiò il Chán dapprima sul Monte Hiei, poi durante un pellegrinaggio in Cina da dove fu il primo a trasferire il ramo Yōgi (楊岐) della denominazione Linji, appreso sotto il maestro cinese Wúzhǔn Shīfàn (無準師範1177–1249).

    L'arrivo dei maestri cinesi e la fondazione dei primi templi Zen
    Se neanche Enni Ben'en si distaccò dalla scuola Tendai, il fatto che ricoprisse il ruolo di abate del prestigioso monastero Tōfuku-ji (東福寺), a Kyoto, diede grande prestigio alle dottrine Zen da lui insegnate. Ormai i tempi erano maturi perché alcuni maestri cinesi del Chán potessero giungere in Giappone: Lánxī Dàolóng (溪道隆, 1213-1278), fondatore, nel 1253, del monastero Kenchō-ji (建長寺) a Kamakura; Wùān Pǔníng (兀菴普寧, 1197–1276), vissuto solo 4 anni in Giappone, dove ricoprì il ruolo di abate del tempio Kennin-ji (建仁寺), fondato da Eisai a Kyoto nel 1202; Dàxiū Zhèngniàn (大休正念, 1214–1289), che fondò il monastero Kinpōzan Jōchi-ji (金宝山浄智寺) a Kamakura; infine Wúxué Zǔyuán (無學祖元, 1226–1286), che fu l'abate del monastero Engaku-ji (円覚寺) a Kamakura.

    Dōgen e i primi lignaggi autonomi dal Tendai
    Nello stesso periodo, un altro monaco tendai nonché discepolo di Eisai, Dōgen (1200-1253), anche lui di ritorno dalla Cina dove aveva studiato sul Monte Tiantong (天童山 Tiantong shan) sotto la guida del maestro, di denominazione Caódòng, (曹洞) Rujing (如淨, 1163-1228), ottenne il certificato di "illuminazione" e il lignaggio di trasmissione (傳法) della scuola Chán Caódòng.
    Tornato in Giappone nel 1225, Dōgen si trasferirà nel 1230 nel tempio Anyo-in (安養院) alla periferia di Kyoto, consumando una frattura definitiva con la scuola Tendai e fondando la scuola giapponese Zen Sōtō.

    Le scuole del Buddhismo Zen
    Le scuole del Buddhismo Zen, pur con delle differenze, conservano tutte la centralità della pratica meditativa denominata zazen (座禅), una minore attenzione allo studio dei sutra e una cura particolare (presente peraltro anche nelle altre scuole) nei confronti della trasmissione del "lignaggio" (戒脈, cin. jiè mài, giapp. kai myaku) che procede, secondo questa tradizione, mediante l'ishin denshin (以心傳心, cin. yǐxīn chuánxīn, trasmissione "da mente a mente") ovvero da maestro a discepolo senza l'utilizzo delle parole, ovvero per tramite di una intuizione improvvisa che genera l'illuminazione profonda (悟, cin. wù, giapp. go o satori). Le scuole Zen Rinzai e Sōtō sono, unitamente alla associazione laica di derivazione Nichiren Soka Gakkai, le scuole buddhiste giapponesi più diffuse oggi in Occidente.

    Scuola Zen Rinzai (臨濟宗, Rinzai shū)
    La scuola Rinzai deriva dalla denominazione Línjì (臨済) del Buddhismo Chán. Il primo a trasferire dottrine e lignaggi di questa scuola fu il monaco giapponese d scuola Tendai Eisai di ritorno dal suo secondo viaggio in Cina. Dopo essere stata a lungo inglobata nella scuola Tendai, lo Zen Rinzai divenne una scuola autonoma a partire dal XIII secolo. Questa separazione si realizzò proprio grazie ai maestri cinesi di scuole chán línjì (臨済), Lánxī Dàolóng, fondatore, nel 1253, del monastero Kenchō-ji a Kamakura; Wùān Pǔníng, abate del tempio Kennin-ji a Kyoto; Dàxiū Zhèngniàn che fondò il monastero Kinpōzan Jōchi-ji a Kamakura; infine Wúxué Zǔyuán che fu l'abate del monastero Engaku-ji a Kamakura. Questi maestri, che furono per lo più invitati dalle autorità di governo giapponese, insegnarono lo Zen Rinzai con le relative dottrine e pratiche esattamente come era impartito nella Cina del XIII secolo. Con gli shogun Ashikaga lo Zen Rinzai ottenne ulteriori riconoscimenti e protezioni da parte del governo. Dopo aver subìto influenza dalla scuola Zen Obaku, fu riformata da Hakuin Ekaku (白隠慧鶴, 1686-1769) il quale eliminò le pratiche nenbutsu proprie della scuola Obaku, centrando le dottrine e le pratiche Rinzai sullo studio dei kōan e sullo zazen. Tutti i maestri Zen Rinzai conservano oggi nel loro lignaggio il nome di Hakuin.

    Scuola Zen Sōtō (曹洞宗, Sōtō shū)
    Questa scuola fu fondata dal monaco tendai Dōgen (道元, 1200-1253) quando nel 1230, trasferendosi nel tempio Anyo-in (安養院) alla periferia di Kyoto, avviò la separazione con la scuola Tendai. La dottrina di questa scuola è riportata nell'opera di Dōgen, lo Shōbōgenzō (正法限蔵, La Custodia della Visione del Vero Dharma) e consiste nella pratica dello zazen secondo la modalità denominata shikantaza (只管打坐, Solo sedersi). Oggi questa è la scuola Zen più importante del Giappone con circa quindicimila templi e trentuno monasteri. Appartenente a questa scuola fu Haku'un Yasutani (安谷白雲, 1885-1973), fondatore della Sanbō-Kyōdan (三宝教団) una scuola Zen che cerca di coniugare il Sōtō con il Rinzai e che si è diffusa in Occidente.

    Scuola Zen Fuke (普化宗, Fuke shū)
    La scuola Zen Fuke origina da un movimento di ex samurai itineranti denominati komusō (虚无僧, lett. monaco della vacuità). I monaci komusō, già di osservanza Rinzai, vivevano di elemosine suonando il flauto shakuhachi (尺八), indossando un cappello fatto di canne che gli oscurava buona parte del volto, questo rappresentava la loro pratica meditativa denominata suizen (吹禪). La scuola Zen Fuke vantava le sue origini dal monaco cinese di scuola chán Pǔhuà (普化) vissuto durante la Dinastia Tang da cui la scuola prende il nome. Pǔhuà, contemporaneo e stretto amico di Línjì Yìxuán (臨済義玄), fu un maestro dai comportamenti iconoclasti e gioiosi, uso a camminare cantando al suono di una piccola campana. Secondo questa tradizione la scuola Fuke fu portata in Giappone da Shinchi Kakushin (心地覺心, 1207–1298); secondo gli studiosi invece tale scuola nacque in Giappone durante l'Era Tokugawa. Vietata dal Governo imperiale nel 1871 la scuola scomparve. Testo storico di questa scuola fu il Kyotaku Denki (虚铎传记, Campana della vacuità) opera del XVIII secolo.

    Scuola Zen Ōbaku (黃檗宗, Ōbaku shū)
    La scuola Zen Ōbaku è una delle tre scuole Zen esistenti oggi in Giappone. La sua nascita la si deve al monaco cinese chán di tradizione Línjì (臨済), Yǐnyuán Lóngqí (隱元隆琦 1592-1673) giunto in Giappone nel 1654. Questa scuola è molto simile allo Zen Rinzai conservando tuttavia alcune peculiarità cinesi proprie del suo fondatore. Innanzitutto una maggiore attenzione ai sutra rispetto alla scuola Rinzai versata principalmente allo studio dei kōan, in secondo luogo alla pratica del nenbutsu tipiche della scuole della Terra Pura già inserite in Cina nella scuola Chán da Zhū Hóng (株宏, 1535-1615) nel XVI secolo; infine l'osservanza dei precetti dello Shibunritsu e non solo quelli del Bonmō kyō come è tradizione invece per le scuole Zen Rinzai e Sōtō e per la scuola Tendai.
    Influenzò profondamente la scuola Rinzai fino a quando la riforma attuata da Hakuin Ekaku (白隠慧鶴, 1686-1769) non eliminò dalla scuola Rinzai la pratica del nenbutsu a favore del solo studio dei kōan e della pratica dello zazen.

    I fondamenti dello Zen
    La dottrina buddhista Zen si fonda, come lo stesso Buddhismo Chán da cui strettamente deriva, sul rifiuto di riconoscere autorità alle scritture buddhiste (sutra). Questo non significa che lo Zen rigetti le scritture buddhiste anzi, alcune di esse come il Sutra del Cuore, il Vimalakīrti Nirdeśa Sūtra o lo stesso Laṅkāvatārasūtra, sono spesso utilizzate durante le funzioni religiose e nella formazione dei discepoli. L'unica autorità che il Buddhismo Zen riconosce e su cui fonda il proprio insegnamento è tuttavia la particolare esperienza che viene indicata come 悟 (satori o go, "Comprensione della Realtà") o anche 見性 (kenshō, "guardare la propria natura di Buddha" ovvero "attualizzare la propria natura 'illuminata'"). Questa esperienza non viene semplicemente identificata come "intuizione" quanto piuttosto come una esperienza improvvisa e profonda che consente la "visione del cuore delle cose" la quale risulta essere identica alla "natura di Buddha" (佛性 busshō). Tale "natura di Buddha" è la natura di tutta la realtà, del cosmo e del Sé e corrisponde alla stessa vacuità (空 kū) indicata dall'Ensō (円相), un simbolo dalla forma circolare tra i più significativi dello Zen. Esso simboleggia l'illuminazione, la forza, l'universo.
    È ritenuto da molti che l'indole dell'artista sia completamente rivelata dal modo in cui disegna questo cerchio; inoltre si ritiene che solo chi sia mentalmente e spiritualmente completo possa disegnare un vero ensō. Alcuni artisti disegnano un ensō ogni giorno, come una sorta di diario spirituale. Alcuni disegnano l'ensō con un'apertura nel cerchio, mentre altri lo completano. L'apertura potrebbe simboleggiare che questo cerchio non sia separato dal resto delle cose ma faccia parte di qualcosa di più grande.

    Collegate a tale dottrina è possibile trovare numerose pratiche appartenenti a campi eterogenei. Origine e fondamento delle arti e della cultura, lo Zen ispirò la poesia (haiku), la cerimonia del tè (cha no yu o chadō), l'arte di disporre i fiori (ikebana), l'arte della calligrafia (shodō), la pittura (zen-ga), il teatro (), l'arte culinaria (zen-ryōri, shojin ryōri, fucha ryōri) ed è alla base delle arti marziali (es. aikidō, karate, jūdō), dell'arte della spada (kendō) e del tiro con l'arco (kyūdō).
    Obiettivo e contenuto delle dottrine Zen è dunque realizzare il satori il quale non corrisponde al nirvāṇa obiettivo delle scuole del Buddhismo dei Nikaya: se quest'ultimo si presenta infatti fondamentalmente come rinuncia al mondo e distacco da esso, il satori si propone una partecipazione attiva e consapevole al mondo anche se percepito nella sua dimensione di vacuità.
    Lo Zen evita la speculazione intellettuale e si distingue anche dalle altre scuole buddhiste mahāyāna per aver reso centrale la pratica meditativa (zazen) nelle sue forme di shikantaza o accompagnata dallo studio dei kōan.
    Il termine kōan indica lo strumento di una pratica meditativa, denominata 看話禪 (cin. kànhuà chán, giapp. kanna zen) propria di queste scuole, consistente in una affermazione paradossale o in un racconto usato per aiutare la meditazione e quindi "risvegliare" una profonda consapevolezza. Di solito narra l'incontro tra un maestro e il suo discepolo nel quale viene rivelata la natura ultima della realtà.

    Fonti: -Wikipedia - Buddhismo Zen
    -Wikipedia - Ensō
    -Wikipedia - Kōan
     
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  10. ~light
     
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    CITAZIONE
    A causa dell'educazione e del condizionamento ambientale, il funzionamento delle nostre menti è legato a un sistema particolare di logica, formato da concetti, e ogni cosa viene considerata attraverso un sistema di opposti: buono cattivo, bianco o nero, giusto o errato. A causa di questo modo di giudicare non possiamo raggiungere le unità attraverso la molteplicità.

    mamma mia :utsu:
     
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  11. Doctor.Who
     
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    Senza dubbio la filosofia Zen è molto interessante , e come ha già detto Odimo il pensiero europeo o comunque occidentale è ahimè condizionato dal cristianesimo , personalmente ritengo che la cecità in alcuni ambiti della società occidentale costituiscano davverò una mancanza grave alla società europea e americana , lasciandoci impreparati in alcune situazioni che si affrontano prima o poi lungo l'arco della nostra vita .
     
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  12. ;Blackheart?
     
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    Io ad esempio sono membro della Soka Gakkai*__* mi insegna e mi da molto *-*
     
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  13. ~Dali~
     
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    La filosofia Zen è davvero molto affascinante.
     
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    Bellissimi i giardini Zen, penso che vederli dal vivo ti lascino senza parole!^^
     
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  15. Lawliet1616
     
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    Qualcuno conosce qualche libro che approfondisce l'argomento in modo semplice?
     
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